[In Visioni infernali dell’India di Laura Liberale (Padova University Press, 2021) viene presentata, per la prima volta in traduzione italiana dal sanscrito, una rassegna delle descrizioni degli inferi che la tradizione hindū ha elaborato nei Purāṇa, vere e proprie enciclopedie della tradizione brahmanica; descrizioni che nulla hanno da invidiare, quanto a ricchezza immaginifica, alla letteratura occidentale sull’argomento, e che possono essere apprezzate anche da un pubblico non specialistico.
Ne offriamo qui un breve estratto, in cui a prendere parola è proprio il sovrano dell’oltretomba, Yama].
Yama, dagli occhi color ruggine arrossati ai bordi per l’ira, la terribile bocca zannuta, spaventoso per la lingua dardeggiante, i capelli ritti, le membra scurissime, il ruggito pari a quello di una nube al tempo della dissoluzione del mondo, il bastone tenuto alto in pugno e lo sguardo torvo, [ordina:]
«O Durdama, porta [qui quell’uomo]! Fallo precipitare! Legalo! Colpisci quest’uomo dalla pessima condotta con martelli di ferro sulla testa! Prendilo per i piedi e scaraventalo contro le rocce! Mettigli un piede sul collo e strappagli gli occhi! Recidi in fretta col rasoio le sue guance gonfie! Stringigli il cappio al collo e appendilo a un albero! Taglia la sua testa con una sega come fosse legno! Spaccagli la faccia con dei calci violenti e polverizzagliela! Mozza al peccatore la mano che si allungava sulle spose altrui! Mozzagli i piedi con cui andava nelle case delle spose altrui! Infila degli aghi in tutti i pori della pelle di questo malvagio che lasciava dei segni di unghie sul corpo delle spose altrui! Sputa nella bocca che ha odorato la bocca delle spose altrui! Infila un paletto affilato nella bocca che ha parlato male degli altri!
O Vikaṭavaktra! Friggi costui come i ceci in una pentola con sabbia e ghiaia bollente! Egli fu artefice del tormento altrui.
O Krūralocana! Immergigli la faccia nel sangue purulento! Costui accusava sempre gli innocenti.
O Utkaṭa! Costui si è impossessato delle cose altrui che non gli erano state date. Cospargigli le dita d’olio e cuocile sui carboni ardenti!
O Bhīṣaṇa! Infila delle barre di ferro incandescente nella bocca di colui che ha parlato male del guru e degli dèi! Pianta dei chiodi di ferro incandescente in tutte le giunture di chi ha ferito i punti vulnerabili e svelato le debolezze altrui!
O Durmukha! Taglia la lingua al peccatore che ha negato di aver ricevuto dagli altri e ha rubato i mezzi di sussistenza altrui!
O Kroḍāsya! Presto! Apri il suo ventre e riempilo di vermi fecali! Costui usufruì delle proprietà templari e di quelle dei brahmani.
O Andhaka! Cuocilo nell’inferno Kumbhīpāka! Costui ha cotto solo per sé stesso, e non per gli dèi, né per i brahmani, né per gli ospiti.
O Ugrāsya! Conduci subito costui nell’inferno Mahāraurava o nel Raurava! Uccise dei bambini, annichilì la fiducia e fu un ingrato.
O Durdaṃṣṭra! Porta nell’Andhatāmisra questo uccisore di brahmani! Nel Pūyaśoṇita (Quello [pieno] di pus e sangue), questo bevitore di liquori! Nel Kālasūtra, questo ladro di oro! Nell’Avīci, questo profanatore del talamo del guru! Porta costui nell’Asipattravana! Frequentò i suddetti peccatori. Getta tutti questi grandi peccatori nel calderone pieno d’olio! Che questi malvagi siano costantemente alle prese con corvi dai becchi di ferro! Falli stare lì fino alla fine di un kalpa! Tieni a lungo appesi a testa in giù all’albero di kapok gli uccisori di donne, vacche e amici!
O Mahābhuja! Tiragli via la pelle con delle pinze, e rapido strappagli le braccia! Ha abbracciato la sposa dell’amico.
Gettalo nel tremendo inferno Jvālākīla (Dai pali fiammeggianti)! Ha dato fuoco ai campi e alle case altrui. Getta nel Kālakūṭa (Il veleno) l’avvelenatore e il bugiardo! Nel Kaṇṭhamoṭa (Dove il collo viene spezzato), chi ha ingannato con falsi pesi e misure!
giunture; dove a pene e scroto vengono legati dei pesanti pezzi di ferro.
O Duṣprekṣya! Porta nel Lālāpiba (Dove si beve saliva) quello che sputa nelle acque di un luogo sacro! Nell’Āmapāka (Dove il crudo viene cotto), 1 l’uccisore di un feto! Nello Śūlapāka (Dove si viene cotti su uno spiedo), chi opprime gli altri! Tortura nell’Ikṣuyantra (Lo strumento che schiaccia la canna da zucchero) il brahmano che vende bevande! Nell’Andhakūpa, il re che opprime i sudditi!
O Halāyudha! Pesta nel mortaio quell’infimo brahmano venditore di vacche, sesamo e cavalli, e il vaiśya venditore di canapa e liquori!
O Dīrghagrīva! Tortura nell’inferno Adhomukha (Quello dove si sta capovolti) lo śūdra che non rispetta il brahmano e occupa un giaciglio davanti a lui!
O Pāśapāṇi! O Kaśāpāṇi! Legate bene i piedi a costoro: lo śūdra che trionfa sul brahmano, il vaiśya che si spaccia per brahmano, lo kṣatriya che offre sacrifici per altri, il brahmano che ha abbandonato i Veda e l’infimo brahmano venditore di lacca, sale, carne, olio, veleno, burro chiarificato, armi e prodotti fatti con la canna da zucchero! Colpite costoro con la frusta e portateli nel Taptakardama (Il fango bollente). Fate abbracciare a questa donnaccia, vergogna per la famiglia, il simulacro del suo amante fatto di ferro incandescente!
O Durādharṣa! Porta nel Bahubhramaradaṃśaka (Dalle molte api e tafani) colui che ha rinunciato alle sue osservanze perché incapace di controllare i sensi!». 2
I Veda hanno rappresentato Yama come il primo che attraversò la morte 3 e mostrò agli uomini il sentiero, il virtuoso che rifiutò le profferte amorose della sorella Yamī, il re del dharma che dimora insieme agli antenati, ai padri, in un mondo luminoso. Nei purāṇa egli si trasforma in un vero e proprio signore infernale, dio-giudice spaventoso (o almeno che tale appare ai peccatori): «Il malvagio vede Yama simile a un cumulo di pigmento nero, feroce, spietato, privo di paura, circondato dai suoi impavidi messi, pieno di tutte le malattie, accompagnato da Citragupta,4 assiso sul bufalo, terribile per i suoi denti, crudelissimo, dal volto simile al Tempo-Morte, la mazza stretta in pugno, le vesti gialle, inghirlandato di fiori rossi».
Celebre è la lode che il giovane brahmano Naciketas pronuncia in onore di Yama: 5
Omaggio a te, dai quattro piedi, supremo signore degli antenati, creatore e ordinatore del rito funebre. Omaggio a te, conoscitore del tempo e di ciò che è stato fatto, dalla parola veridica e dalla ferma risoluzione, signore dei trapassati, gloriosissimo re del dharma.
Omaggio a te, che sei l’azione e l’agente, che sei il signore del passato, del presente e del futuro, il purificatore, che provochi smarrimento, che sei la sintesi e l’analisi, che tieni in mano il bastone e il cappio, dagli occhi differenti.
Omaggio a te, che sei simile al sole, il rapitore di tutte le creature, il maestoso, lo scuro, l’invincibile, in forma di olio di sesamo.
Omaggio a te, glorioso e splendido come il sole, che conduci le oblazioni agli dèi e agli antenati, il signore.
Omaggio a te, distruttore dei peccati, l’asceta, il custode del rito funebre, il sempre assorto, il grande asceta, tu che hai fatto di un solo occhio molti occhi, che sei Kāla (Tempo) e Mṛtyu (Morte).
Omaggio a te, che talvolta [appari] col bastone, talvolta con la testa rasata, talvolta nell’insostenibile forma di Kāla, talvolta in forma di ragazzo, talvolta in forma di vecchio, talvolta in forma terribile […].
Naraka,6 niraya,7 adholoka,8 adhogati,9 adhobhuvana: 10 tutte queste parole sanscrite traducono il nostro «inferno». Naraka viene anche personificato come figlio di Anṛta (Falsità) e Nikṛti (Malvagità); Niraya come figlio di Bhaya (Paura) e Mṛtyu (Morte).
In svariati testi purāṇici troviamo elenchi di inferni parzialmente identici, così come le descrizioni di uno stesso inferno spesso coincidono.
Due esempi.
Inferno Raurava. Ci finiscono principalmente i bugiardi e gli spergiuri, ma nelle fonti leggiamo anche: chi ha causato ferite; chi provoca un aborto; l’assassino del guru; l’uccisore di una vacca; chi provoca soffocamento; l’ateo. Nei vari testi questo inferno viene presentato come un pozzo pieno di carboni ardenti e di animali non meglio definiti che dilaniano il peccatore.
Inferno Asipattravana. Destinato principalmente a chi taglia gli alberi delle foreste, ma anche a chi abbandona il sentiero dei Veda 11 e i voti, l’impuro e il collerico. L’inferno si presenta, per lo più uniformemente, con un suolo fiammeggiante o con un fuoco dai sette raggi centrali; vi è una foresta con piante dalle foglie simili a lame che cadono sui peccatori, tagliandoli.
Veniamo ai panorami infernali. Si va dal calore (fiamme, carboni ardenti…) al gelo estremi; vi sono superfici pietrose, fosse tenebrose, piogge di sassi, sabbie soffocanti, fanghiglie nauseabonde, venti violentissimi; nella fiumana infernale, Vaitaraṇī, scorrono immonde lordure (feci, urina, pus, ossa, ecc.); le bestie voraci, fra cui degli orrendi cani dai denti duri come diamanti, e gli strumenti di tortura (calderoni, ruote, statue incandescenti…) sono ovunque e ovunque si odono le grida e i lamenti dei condannati, i cui corpi torturati si rigenerano incessantemente per subire la pena ancora e ancora.
Il resoconto fornitoci dal Nārada-purāṇa 12 è più che illuminante circa le torture a cui vengono condannati gli empi durante la permanenza infernale:
«Bere acqua acida; vorticare; essere fatti a pezzi con una sega; essere cosparsi di feci; nutrirsi di feci; bere sperma; essere arsi in tutte le giunture; inalare fumo; essere legati; essere afflitti da svariati oggetti appuntiti; giacere su braci ardenti; essere schiacciati da pestelli; sfregamento e recisione mediante molteplici strumenti di legno; cadere dall’alto; essere colpiti con mazze, bastoni, ecc.; essere trapassati da zanne di elefanti; essere morsi da serpenti; docce gelate; ingerire e inalare tremenda acqua acida; mangiare sale; recisione dei tendini; legamento dei tendini; ossa spezzate; introduzione di acqua acida negli orifizi del corpo; mangiare carne; bere bile; mangiare muco; cadere dalla cima di un albero; affondare in acqua; reggere pietre; giacere su spine; punture di formiche e di scorpioni; ferite causate da tigri, sciacalli, bufali; giacere nel fango; riempirsi di fetore; accovacciarsi ripetutamente; provare un gusto amarissimo; bere olio bollentissimo; provare un gusto acre; bere acqua sozza; essere spellati con pietre roventi; bagni in acqua bollente e gelata; frantumazione dei denti; giacere su metallo incandescente; essere legati a pesanti pezzi di metallo, ecc.»
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Note:
2) Skanda-purāṇa, IV, i, 8, 55 sgg. Traduzione dal sanscrito dell’autrice.
3) «Colui che, tra i mortali, per primo morì», Atharvaveda, XVIII, 3, 13; «Yama, figlio di Vivasvat (il Sole), colui che fu il primo a scoprire per noi il cammino», Ṛgveda, X, 14, 1. Il Ṛgveda dedica a Yama tre inni (X, 10; X, 14; X, 135).
4) Lo scriba di Yama che annota tutte le azioni umane.
5) Varāha-purāṇa, 198, 9 sgg.
6) Nar+aka, «l’infelicità/il dolore/il peccato dell’uomo».
7) Nir+aya, «senza felicità».
8) «Mondo inferiore».
9) «Discesa».
10) «Dimora inferiore».
11) «La Sapienza», ovvero l’insieme della Rivelazione, in quattro raccolte (Ṛgveda, Sāmaveda, Yajurveda, Atharvaveda), completate da testi esegetici (Brāhmaṇa), di meditazione (Āraṇyaka) e di speculazione filosofica (Upaniṣad).
12) I, 15, 9 sgg.
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Immagine di copertina:
Hell tortures for sinners, particolare di litografia a colori tratta da un album di stampe popolari montato su pagine di stoffa, Chore Bagan Art Studio, Calcutta, 1895 circa – British Museum.