[Pubblichiamo il secondo di tre articoli dedicati al corpo come descritto negli antichi testi indiani dei Purāṇa, tradotti qui per la prima volta in italiano da Laura Liberale e preceduti da un breve commento di Claudia Boscolo. Qui il primo articolo].
Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta dei significati attribuiti al corpo nella tradizione dei Purāṇa, i testi sacri indiani che rappresentano gli strumenti attraverso cui avviene l’educazione religiosa del popolo più umile, le donne e gli śūdra, ovvero i servi delle classi superiori, esclusi dal sapere vedico. Questa educazione, come abbiamo già visto nella sezione dedicata al corpo maschile, fornisce indicazioni molto precise, formulate con certezza assoluta, sul legame fra la forma delle parti del corpo e il destino della persona. È proprio questa equivalenza a lasciarci senza fiato: lombrosiana per noi occidentali, inaccettabile secondo standard contemporanei, eppure dotata di potere evocativo, e paragonabile in certa misura al canone medievale europeo, tramandato attraverso il romanzo e la lirica d’amore francesi, ci ricorda che nelle tradizioni culturali il corpo può essere letto e interpretato come una mappa.
Dal testo si deduce che la felicità è tutta del capofamiglia. Le caratteristiche del corpo della donna saranno segno di felicità e prosperità intesa come maschile e solo di riflesso femminile, oppure di infelicità e miseria, se non sono in grado di suscitare il piacere e quindi assecondare la funzione riproduttiva. L’implicito è che attraverso il suo corpo, la donna è direttamente responsabile della felicità coniugale; tramite la sue caratteristiche fisiche e la sua sapienza nel creare una dimensione di desiderio ed eccitazione, la donna assicura la solidità del nucleo famigliare e la prosperità, misurata soprattutto nel numero di figli che riuscirà a generare. Da un punto di vista dell’organizzazione sociale dell’India antica, una disciplina così ferrea dei corpi maschili e femminili riflette la necessità di disciplinare il corpo sociale, creando una mappatura del privilegio e una giustificazione della stratificazione sociale, la cui cristallizzazione è fra le più rigide delle civiltà umane.
Non si tratta quindi solo di disciplinare il corpo femminile, ma di creare una griglia che dimostri la fondatezza dell’accesso al privilegio. In questo senso, tale corpo rappresenta una soglia il cui attraversamento garantisce l’accesso a una dimensione in cui tutto si trova nel posto esatto in cui deve essere, come il dharma vuole.
(Claudia Boscolo)
Introduzione
di Laura Liberale
La mia traduzione di un estratto dello Skanda-purāṇa si apre con una frase esemplare che racchiude il destino della donna nella tradizione hindū: «Se la sposa è dotata di buone caratteristiche, il capofamiglia gode d’ininterrotta felicità». E in questa frase riecheggiano per me i versi, più celebri, della Bhagavad-gītā (I, 39-41): 1
«Perché non dovremmo saperci
astenere dal male,
noi che ben vediamo una colpa
nella distruzione della famiglia, o Janārdana?
Nella distruzione della famiglia si perdono
le norme eterne della famiglia
e, quando la norma perisce,
il disordine soggioga l’intera famiglia;
quando domina il disordine, o Kṛṣṇa,
si corrompono le donne della famiglia
e, quando le donne sono corrotte, o rampollo dei Vṛṣṇi,
si genera la confusione dei varṇa».2
Quanta responsabilità sulla groppa delle donne! Prima assoggettate al padre, poi al marito e infine ai figli, esse hanno, in vita, precipuamente un dovere, che qui vengo a illustrare non con parole mie ma con quelle, autorevoli, di una grande indologa: Madeleine Biardeau.3
«Non si insegnerà nulla di nuovo a nessuno dicendo che la civiltà indiana, come tutte le altre, è considerata decisamente dal punto di vista dell’uomo e che la donna è in essa un’eterna inferiore. Ma ciò non ha certamente mai e in nessun luogo significato che essa non avesse il suo posto proprio e indispensabile debitamente riconosciuto […]. L’opinione generale sulle donne va da «La donna è mobile…» all’elogio della sposa fedele – la satī – che in una casa equivale alla dea Śrī, dea che riunisce in sé beltà, ricchezza e prosperità […]. Senza dubbio, la donna deve essere genitrice, e in modo particolare deve dare dei figli al suo sposo che ne ha bisogno nell’aldilà, ma non può farlo che se vi è attrazione reciproca fra gli sposi […]. Così la funzione riproduttrice è subordinata alla soddisfazione del desiderio; abbondano i miti che vanno in tale direzione, e che danno persino l’iniziativa del desiderio alla donna […]. Così è permesso dire […] che la donna perfetta, la satī – quella di cui la letteratura britannica del XIX secolo ha fatto per noi la vedova che si getta sulla pira funebre del marito –, ha l’amore come primo dovere, o, per usare un linguaggio più omogeneo, ha l’amore per svadharma.4 Certo, non è così che si esprime abitualmente il dharma delle donne. Il loro dovere si riassume in una formula: servire lo sposo come il loro dio principale; ma quando si conosca il posto centrale del desiderio amoroso nel legame coniugale, la deduzione viene da sé e non ha più nulla di teorico».
Come non ricordare allora, con riferimento alla nostra “antropotassonomia” indiana, il Kāmasūtra di Vātsyāyana, là dove gli esseri umani vengono classificati in base alla loro anatomia intima (classificazione che prevede delle combinazioni più o meno felici per il buon esito dell’accoppiamento stesso)?
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Estratto da Skanda-purāṇa, IV, i, 37
Se la sposa è dotata di buone caratteristiche, il capofamiglia gode d’ininterrotta felicità.
Queste sono le parti del corpo di una donna che formano le basi delle caratteristiche: pianta dei piedi, linee sulla pianta del piede, alluce e altre dita, unghie, collo del piede, talloni, caviglie, polpacci, ginocchia, cosce, vita, glutei, fianchi, vulva, ombelico, addome, pieghe sull’addome, striscia di peli, petto, seno, capezzoli, clavicole, spalle, ascelle, braccia, mani, dorso della mano, linee della palma, pollice e altre dita, unghie, collo, mento, guance, labbro inferiore, labbro superiore, denti, lingua, palato, sorriso, naso, occhi, ciglia, sopracciglia, orecchie, fronte, testa, capelli.
La pianta del piede delle donne deve essere morbida, carnosa, omogenea; non deve traspirare, deve essere calda e rossa: così è idonea ad accordare molto godimento; ruvida, smorta e secca, essa è segno di sfortuna.
Le linee sulla pianta del piede con forma di ruota, svastika,5 conchiglia, loto, stendardo, pesce o parasole indicano che sarà sposa di un re; con forma di topo, serpente o corvo, sono segno di infelicità e miseria.
Un alluce prominente, carnoso e rotondo accorda incommensurabile godimento; uno storto, corto e piatto annienta fortuna e felicità; con le dita lunghe, la donna sarà lasciva; con le dita magre, estremamente povera; con le dita corte, avrà vita breve; con le dita storte, si comporterà in modo distorto; con le dita piatte, diventerà una schiava; con le dita distanziate, finirà in miseria; con le dita accavallate, ucciderà più di un marito.
Sono di buon auspicio le unghie arrotondate, lucide e color del rame.
Un collo del piede che non traspira, arcuato, carnoso, morbido, senza vene o tendini in evidenza è segno di regalità.
Le caviglie nascoste, senza vene o tendini in evidenza e perfettamente rotonde sono di buon auspicio; quelle evidenti, non uniformi né compatte sono segno di sfortuna.
Una donna dai talloni uniformi è fortunata; sfortunata quella dai talloni larghi.
Coi polpacci senza peli, che si arrotondano gradualmente, lucidi, uguali, assai attraenti, senza vene evidenti, ella sarà la sposa di un re.
Sono celebrate le ginocchia rotonde e carnose; la donna che non le ha carnose diventerà una libertina.
Con cosce simili alla proboscide di un elefante, senza vene visibili, sode, morbide, senza peli, perfettamente arrotondate, ella sarà amata da un re; le cosce pelose indicano vedovanza.
Della donna dagli occhi di cerbiatta sono celebrati i fianchi sollevati, armoniosi, pieni sul dietro.
Natiche rotonde come il frutto della Limonia acidissima, sode, morbide, carnose e senza grinzosità aumentano i piaceri dell’amore.
Di buon auspicio è la vulva simile al dorso di una tartaruga o alle spalle di un elefante; se è più prominente a sinistra, la donna darà alla luce delle figlie; se a destra, dei figli. Di buon auspicio la vulva soda, larga e prominente, rassomigliante a una foglia di loto o di Ficus religiosa, con peli simili a quelli di un topo e col clitoride nascosto; di cattivo auspicio quella simile a una foglia di bambù, con peli come quelli dell’elefante, brutta, deforme, pendula. Di buon auspicio è un monte di Venere ampio, prominente, carnoso, morbido e con peli che si arricciano verso destra; un monte di Venere con peli che si arricciano verso sinistra, storto e ossuto indica vedovanza.
È celebrato il basso addome ampio, morbido e un po’ prominente.
Fonte di felicità è l’ombelico profondo, che volge verso destra.
Felice la donna dal largo ventre: genererà molti figli; la donna col ventre di una rana genererà un figlio che sarà re.
Fortunata la donna dalla vita sottile; gaudente quella dalle tre pieghe sopra l’ombelico.
Con una striscia di peli sull’addome dritta e sottile, ella sarà prospera e gioviale.
Un petto alto e robusto porta alla felicità; all’infelicità un petto peloso, largo e asimmetrico.
Sono celebrati i seni rotondi, uguali, sodi e pieni; se il seno destro è più alto, ella genererà dei figli; se è più alto il seno sinistro, ella genererà una figlia bella e fortunata.
Sono celebrati i capezzoli sodi, scuri e rotondi.
Con delle clavicole robuste, la donna sarà un tesoro di denaro e cereali.
Belle le spalle dritte, sciolte, né larghe né strette; quelle storte, pelose e massicce sono segno di vedovanza e schiavitù.
Celebrate le ascelle prominenti, carnose, lucide e dai peli sottili; al contrario, quelle che traspirano, scavate e piene di vene.
Le braccia senza difetti sono quelle morbide, in cui ossa e articolazioni non sono visibili; delle braccia pelose sono segno di vedovanza; delle braccia corte indicano sfortuna.
Faranno attingere molti godimenti le mani di una fanciulla dagli occhi di cerbiatta, con forma di boccioli di loto e in cui il pollice stia di fronte alle altre dita.
Celebrata è la palma della mano morbida, rossa, prominente al centro, con delle linee degne di lode; poche linee indicano gloria eccelsa; con molte linee, la donna sarà vedova; senza linee, cadrà in miseria; delle linee evidenti, rosse, profonde, lucide, piene e circolari indicano splendore e fortuna; con linee a forma di pesce, ella sarà fortunata; a forma di svastika, ella accorderà ricchezza; a forma di loto, sarà la sposa di un re e genererà un figlio destinato a essere un re; due linee a forma di bilancia indicano che sarà la sposa di un mercante; con linee a forma di carro o di giogo, sarà la sposa di un contadino; le linee che vanno dalla base del pollice fino al mignolo indicano che ucciderà il marito; delle linee con la forma di un tridente, una spada, una mazza, una lancia, un tamburo indicano che sarà famosa in tutto il mondo per la sua rinuncia.
È datore di fortuna un pollice dritto, arrotondato, morbido e con l’unghia arrotondata.
Delle dita dalle belle articolazioni, lunghe, arrotondate, che si assottigliano gradualmente sono di buon auspicio; non lo sono se piatte, pelose sul dorso, irregolari e ruvide; delle dita magre, molto corte, storte e distanziate sono causa di malattia.
Di buon auspicio le unghie rosse, prominenti e appuntite; portano miseria le unghie infossate, gialle o scolorite.
Celebrato è il collo segnato da tre linee, sodo e con ossa non evidenti; non porta fortuna il collo lungo, senza carne, schiacciato e asimmetrico.
Celebrato il mento che misura due aṅgula,6 rotondo, pieno e morbido; non va considerato quel mento diviso in due, peloso, massiccio e allungato.
Celebrate le guance piene, rotonde, sollevate; da non considerare quelle pelose, senza carne, scavate e ruvide.
Piace a un re il labbro inferiore rosato, lucido, arrotondato, adorno al centro di linee.
Datore di godimento è il labbro superiore morbido, senza peli e un po’ sollevato nel mezzo.
I trentadue denti sono di buon auspicio col colore del latte vaccino, lucidi, regolari sopra e sotto; se sono gialli, scuri, larghi, lunghi, distanziati, simili a gusci di ostrica, portano infelicità e sfortuna.
Una lingua rossa e morbida porta al godimento di ciò che la donna desidera; se scura, stretta in mezzo e larga sul davanti, porta all’infelicità; se bianca, indica annegamento; se nera, alla donna piace litigare; se carnosa, ella sarà povera; se pendula, ella mangerà ciò che non va mangiato.
Celebrato il palato lucido, col colore del loto rosso e morbido; il palato bianco indica vedovanza; quello giallo, che ella diventerà una rinunciante; se nero, sarà separata dai figli e afflitta; se duro, avrà una grande famiglia.
Celebrato è il sorriso di una bella donna se i denti non si vedono, le guance si espandono un po’ e gli occhi non si chiudono.
Bello il naso simmetrico, arrotondato e con narici piccole; la punta del naso rossa e ricurva porta vedovanza e sofferenza; schiavitù, se piatta; litigiosità, se lunga o corta.
Celebrati gli occhi rossi alle estremità e dalla pupilla nera; con occhi sporgenti, lucidissimi, del colore del latte vaccino e con ciglia nere, ella non vivrà a lungo; con occhi rotondi, ella sarà lasciva; non sono di buon auspicio gli occhi di pecora, di bufalo o strabici; con occhi marroni di vacca, ella sarà del tutto presa dal piacere e si comporterà male; con occhi di piccione, la sua condotta non sarà buona; con occhi rossi, ucciderà il marito; con occhi simili a buchi nei tronchi, sarà malvagia; con occhi di elefante, mancherà di bellezza; sarà una prostituta la donna cieca dall’occhio sinistro; sterile, quella cieca dall’occhio destro; godrà di pienezza di denaro e cereali la donna con gli occhi color del miele.
Fortunata la donna dalle ciglia folte, nere, lucide e sottili.
Celebrate le sopracciglia arrotondate, sottili, scure, lucide, coi peli morbidi e a forma di arco.
Le orecchie allungate, che si arrotondano splendidamente, arrecano fortuna e felicità.
La fronte priva di peli e di vene visibili, simile alla falce lunare e larga tre aṅgula arreca fortuna e buona salute.
La testa simile alla prominenza nella zona frontale dell’elefante è segno di prosperità e signoria; con la testa grossa, la donna sarà vedova; con la testa lunga, sarà lasciva.
Splendidi i capelli lucidi, soffici, sottili, ricci e coi riflessi di uno sciame d’api.
Un neo a forma di mosca in mezzo alle sopracciglia indica sovranità; a forma di mosca, rosso e sulla guancia sinistra indica che la donna avrà del cibo dolce; un segno o un neo sul petto accorda prosperità; un segno o un neo rosso sul seno destro indica che genererà quattro figlie e tre figli; tale segno sul seno sinistro indica che genererà un figlio e poi sarà vedova; un segno a destra sulle parti intime indica che sarà la sposa di un re o genererà un figlio che sarà re; un segno rosso a forma di mosca sulla punta del naso si riscontra solo in una regina; lo stesso segno, ma nero, in chi ucciderà il marito; un segno a forma di tridente sulla fronte, impresso dal Dio, l’Autogeno, garantisce la signoria su migliaia di donne.
Riferimenti bibliografici
Skanda-purāṇam, 7 voll., Veṅkaṭeśvara Mudraṇālaya, Bombay 1908-9.
The Skanda-purāṇam, trad. di G. V. Tagare, Ancient Indian Tradition and Mythology Series 49-70, Motilal Banarsidass, Delhi 1992-2010.
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Note:
2) Le quattro categorie sociali dell’India antica.
3) L’induismo. Antropologia di una civiltà (Mondadori, 1985), pp. 67-68.
4) Dovere suo proprio.
5) Da su (“bene”) e asti (terza persona singolare del verbo “essere”): indica un segno mistico, con simbologia solare, di buona fortuna.
6) Un’unità di misura pari a otto chicchi di orzo o all’ampiezza di un dito.
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Immagine di copertina:
Nautch dancers in India, ca 1860-1870 (via Wikimedia Commons).