Molte ricorrenze benedicono l’anno 2022. Fra queste particolarmente importante è l’anniversario della nascita di Pier Paolo Pasolini (1922-2022). Dario Pontuale, scrittore, saggista, critico letterario, ha pubblicato per Nova Delphi un libro particolare e anomalo rispetto a tante novità in circolazione. Infatti, poche aggiungono qualche elemento di riflessione nuovo, o delle prospettive che non si risolvano in semplici esercizi editoriali. Con La Roma di Pasolini. Dizionario urbano si avverte invece una netta differenza di stili e atmosfere: il saggio – alla seconda ristampa e pubblicato da poco in spagnolo – si rivela dal principio totalmente privo di quella retorica che inevitabilmente ammanta qualsiasi commemorazione e si presta a essere tra le opere più interessanti in circolazione per capire meglio il poeta di Casarsa e il suo rapporto con Roma.

Pontuale, La Roma di Pasolini

AC: Dario Pontuale, oggi Pasolini, nonostante le retoriche delle commemorazioni ufficiali, sta ritrovando un po’ ovunque lo spazio che merita. Persino Dante, lo scorso anno, è stato ridotto spesso a mera figura pubblicitaria spendibile nel grande mercato delle pubblicazioni commerciali. Con il poeta di Casarsa – domando – mi sembra che la riduzione di Pasolini a brand sia quasi impossibile. Insomma, dopo il Che sulla maglietta, Bella Ciao nelle piattaforme a pagamento, Dante bistrattato, sarebbe toccato pure a Pasolini venire fagocitato dalla macchina consumistica. Eppure, lui resiste: sembra avere qualche gene particolare. Cosa ne pensi?

DP: Credo, purtroppo, che comunque il “brand” Pasolini esista; certamente meno palese, ma applicato in modo più subdolo, più strisciante. Pasolini diventa “brand” ogni volta che lo si cita impropriamente, ogni volta che viene asservito a battaglie che non avrebbe mai combattuto, o magari su schieramenti opposti. Pasolini è un “brand”, io credo, e anche pericolosamente strumentalizzabile. Lo cita perfino Salvini.

AC: Nel saggio introduttivo, sottolinei quanto Pasolini sia molto critico con la società dei consumi, e disprezzi una parte di italiani per la loro cecità e il cambiamento antropologico a cui pare si siano volontariamente sottoposti. Puoi spiegarci da dove nasce questa frattura?

DP: Pasolini disprezza quella società che, servendosi per interesse del proprio status, spinge verso una cultura capitalista e, di conseguenza, consumista. Pasolini accusa un certo modello di pensiero, aggredisce una certa forma di azione. Capisce che la trasformazione dettata, anzi imposta, da leggi economiche, porterà a crolli ideologici millenari. Un’intera nazione subirà un’involuzione omologante capace di azzerare ogni “realtà particolare”, qualunque sentimento privato, qualsiasi pensiero dissociante. Pasolini teme l’annullamento del potere di giudizio, dell’esame critico delle coscienze e, sfortunatamente, non sbaglia nelle tesi.

AC: Il tuo saggio parte dalla A di Accattone e giunge fino alla V di Valle Giulia, attraversando tutta Roma (Q di Quadraro, G di Grattacieli INA, T di Torpignattara, ecc.). Che rapporto aveva Pasolini con la Roma Urbana? Amava la città tutta o privilegiava alcune aree?

DP: Pasolini apprezza la periferia, la borgata, il limite estremo per definizione. Cerca l’essenza del sottoproletario, si disinteressa della Roma abitata da un pensiero piccolo borghese gonfio di retorica furbastra, pavida, interessata. Tra i volti dei diseredati, invece, dentro le mura misere degli sfollati respira ancora una purezza espressiva e comportamentale. Un’equa testimonianza di una cultura originaria da salvaguardare, non da cancellare, tantomeno da scacciare.

AC: Oltre all’urbanistica, il saggio racconta anche di incontri formidabili, attori incredibili, letture fondamentali. Mi viene in mente il rapporto che Pasolini aveva con un altro grande intellettuale, Franco Fortini, ma anche I forti legami con Guttuso, Fellini, Moravia, Bassani. Quali sono secondo te le persone che più lo hanno influenzato, se l’hanno fatto?

DP: Credo che l’intelligenza di Pasolini, l’ampia visione sulle cose del mondo, abbia attinto da ogni figura incontrata, indipendentemente dal grado di cultura o sociale. Recepisce per istinto naturale e percepisce per raffinatezza intellettuale. Dovendo scegliere, però dei nomi, direi: Attilio Bertolucci, Roberto Longhi, i fratelli Citti. In tre momenti diversi della vita pasoliniana, assumono pesi artistici e umani assoluti.

AC: La produzione di Pasolini è vastissima. Nel saggio attraversi le sue pagine proponendo delle citazioni, ma soprattutto facendo emergere il legame strettissimo tra quanto Pasolini scriveva e l’energia trasmessagli da Roma nell’atto dello scrivere stesso. Il tuo è un lavoro ricco di rimandi, chiaramente faticosissimo nella compilazione. Immagino tu abbia dovuto letteralmente attraversare Roma per confrontarti con atmosfere e paesaggi ormai svaniti. Quanto è rimasto oggi della Roma di Pasolini? Quale luogo, secondo te, lo rappresenta meglio?

DP: A Roma di Pasolini è rimasto poco, dal 1975 le istituzioni non credo si siano molto spese per ricordarlo come si dovrebbe. Troppo semplice commemorarlo nell’anno del centenario, potrebbe sembrare perfino una mossa pubblicitaria, un modo per fare passerella. Pasolini lo hanno da sempre ricordato, invece, i romani che gli hanno riconosciuto il grande lavoro sulla città, un rapporto lungo venticinque anni. Grazie ai murales, alle targhe affisse da condomini e altre “spontanee” maniere, i romani riveriscono un poeta che diede tanto, non solo a Roma.

AC: Dedichi questo lavoro molto accurato “agli onesti non solo a parole”.

DP: Di onesti a parole è pieno il mondo, al contrario gli onesti nei fatti sono rari. Etica, nonché morale, oltre a risultare ormai sottoprodotti di un antiquato lessico di valori, si sgretolano appena collimano con l’interesse, il tornaconto. Impera la società individualista, non collettivista, perciò la trasformazione antropologica è compiuta, l’equilibrio è stravolto da decenni e i risultati sono evidenti.

AC: All’idroscalo, a Ostia, sbuca tra l’odore del mare e la sterpaglia una lapide commemorativa per Pasolini. Per tutti Pier Paolo rappresenta un’energia eretica, una forza dirompente, una tragica fine. Splendida e misera fu anche la sua vita. Chi è per te Pier Paolo Pasolini?

DP: È il coerente impegno dell’Onestà. L’onestà coerente dell’Impegno. L’impegno onesto della Coerenza.

AC: Grazie.

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Immagine di copertina:
Paolo Di Paolo, Pier Paolo Pasolini al Monte dei cocci a Testaccio, Roma, 1961.