I materiali respirano, si muovono e dispongono la realtà sociale e fisica. Tutti i materiali comunicano instancabilmente delle storie, sostengono la nostra società e il nostro mondo per come lo conosciamo.1 Malgrado la loro estrema esposizione e necessaria utilità, i materiali di cui è fatta la società umana spesso rimangono invisibili alla vista. Alcune volte ciò accade per una questione meramente estetica, socialmente condivisa, come la bruttezza dei palazzi in calcestruzzo che cerchiamo di rimuovere dalla vista. Altre volte, invece, essi sono propriamente invisibili per le loro proprietà costituenti. Nonostante ciò, i materiali, siano essi organici o inorganici, compongono la gran parte della realtà sociale e l’intera realtà fisica. Per quanto riguarda la prima sfera, possiamo affermare che per certi versi la civiltà è il prodotto della ricchezza materiale. Mentre i materiali nella sfera fisica ci costituiscono propriamente come corpi nel mondo.
Il saggio La sostanza delle cose. Storie incredibili dei materiali di cui è fatto il mondo (Bollati Boringhieri, 2019) di Mark Miodownik, professore allo University College di Londra, potrebbe essere letto come una mappa semiotica dei materiali che orbitano nella nostra quotidianità. La mappa viene circoscritta in relazione all’immagine dell’autore mentre seduto al tavolo fa colazione. La scomposizione dei materiali e dei loro significati per la cultura umana ci porta all’interno dell’anima dei materiali, se così si può dire. Si può dire “anima”, così come “sostanza”, poiché il libro si articola in una descrizione fenomenologica dei materiali – prima ancora che ontologica – che anima l’autore a ricordare le sue esperienze con e attraverso differenti oggetti e artefatti. La nozione di anima fa riferimento al progetto Animate materials che Miodownik sta sviluppando con l’associazione scientifica britannica The Royal Society, proponendo una rilettura dei materiali in base alle loro abilità: materiali animati fatti dall’uomo che emulano le proprietà dei sistemi viventi; immaginando strade che si autorigenerano, molecole robotiche che si assemblano in oggetti domestici, edifici che raccolgono anidride carbonica per generare energia e acqua purificata. Sono questi i prossimi materiali animati in grado di reagire autonomamente all’ambiente per costruire un futuro di completa alleanza tra umani e non umani.
L’analisi proposta dall’autore ci riporta all’interno di una narrazione che attraversa i materiali, discorsività che ricorda in lontananza – con altre intensità – Il sistema periodico di Primo Levi, in cui gli elementi chimici vengono descritti attraverso la vita dell’osservatore, a volte umano e a volte non umano. In particolare, il capitolo intitolato Carbonio racconta per l’appunto la storia di un atomo che vaga nelle diverse ere geologiche prendendo parte a molteplici eventi della storia evolutiva della vita sul pianeta. In modo analogo, il punto di vista dell’ingegnere dei materiali mescola la sostanza della vita con quella delle cose (oggetto di analisi del successivo libro dal titolo Liquidi. Le sostanze che scorrono nella nostra vita, Bollati Boringhieri, 2019), mappando alcuni punti d’incontro tra le due sfere. Ed è così che si può parlare del comportamento del carbonio durante la fusione con il ferro (p. 29), di acciaio «autorigenerante» (p. 37), della facoltà di ricordare della carta che contribuisce «a plasmare la memoria collettiva» (p. 48), di «calcestruzzo intelligente», della struttura autoassemblante della lonsdalite (p. 192). Insomma, ciò che è chiaro è che i materiali non sono oggetti inermi e statici, ma attori dinamici che rispondono all’ambiente, alla manipolazione umana e non umana. L’autore mostra come si compone il «parlamento delle cose» (Latour 2015), presentando nuovi processi semantici e percorsi significanti rappresentati dai materiali.
Nel percorso tracciato, mescolando la vita dell’autore e dei materiali, in narrazioni sorprendenti (la sceneggiatura da film come narrazione utilizzata per descrivere la scoperta della plastica), spesso l’interpretante umano perde la sua centralità. Il punto di vista dell’osservatore, infatti, viene messo in secondo piano rispetto all’organizzazione e la composizione dei materiali. Ed è precisamente in questa sovrapposizione di piani, come una costante stratificazione, che emergono altri attori che attraversano la sostanza dei materiali. A mo’ di esempio, si prenda il calcestruzzo autoriparante. Quest’ultimo collabora con una specie di batteri alcalofili, il Bacillus pasteurii, per riorganizzare la propria struttura nel momento in cui la composizione materiale inizia a disgregarsi.
«Questi batteri risultarono essere eccezionalmente resistenti e in grado di sopravvivere per decenni in stato di quiescenza, racchiusi nelle rocce. Il calcestruzzo autoriparante contiene al proprio interno questi batteri, oltre a un tipo di amido che serve da nutrimento per i batteri. In circostanze normali i batteri restano dormienti, racchiusi dentro le fibrille di silicato di calcio idrato. Ma se si forma una crepa i batteri vengono sciolti dai loro legami, e in presenza di acqua si risvegliano e cominciano ad andare in cerca di cibo. Poi si nutrono dell’amido che è stato aggiunto al calcestruzzo, e così crescono e si riproducono. Nel frattempo espellono la calcite (costituita da carbonio di calcio), la quale si lega al calcestruzzo e inizia a costruire una struttura minerale che circonda la crepa, impedendo che si allarghi e sigillandola» (M. Miodownik, p. 83).
Ciò significa che a mantenere intatta la struttura urbana che sostiene la società sono degli attori non umani invisibili e finora impensabili. Costruttori e riparatori batterici collaborano con la materia inorganica per ristabilire un ecosistema a loro favorevole. In altre parole, il calcestruzzo non solo costituisce la struttura per la pianificazione delle città e delle dimore degli individui, ma altresì diviene nicchia ecologica di agenti non umani che li abitano allo stesso titolo. Agenti si occupano del materiale ospitante, riparandolo con strutture minerali, e allo stesso tempo partecipano alla qualità del materiale stesso. La resistenza del calcestruzzo autoriparante è un organismo. Ecco dove sta l’ibridazione, l’alleanza, dove le soglie cedono alla mescolanza. La mappa tracciata dall’autore ci dona una rinnovata prospettiva sulle materie del mondo e i loro intrecci con la vita. Intrecci che non sono meramente significanti per l’esistenza, ma che fondano le relazioni stesse che ne stanno alla base.
Al di là del potenziale fisico, i materiali hanno una profonda valenza culturale che li lega intrinsecamente alle dinamiche sociali ed esistenziali della nostra specie. Si pensi alla carta in quanto manufatto: dal giornale alla filigrana delle banconote, passando per la testura della carta igienica, fino ad arrivare all’impacchettamento dei regali durante le festività. L’avvolgimento simbolico dato dalla carta è essenziale per offrire la sorpresa derivante da un oggetto che si sottrae alla vista e che propone una valenza pragmatica dello scartamento, oltre alla rivalutazione dell’oggetto a partire dall’estetica e l’accuratezza dell’impacchettamento. È la sua costituzione materiale la condizione di possibilità di tali utilizzi. Pare che il materiale indichi una attività da svolgere con esso, una sorta di affordance offerta dalle qualità stesse. La struttura sociale è inscindibilmente legata ai segni offerti dalle circostanze materiali, significati emergenti che contribuiscono a plasmare la collettività. Per questa ragione il testo si presenta come una mappa semioticamente orientata alla significazione dei materiali.
Il dibattito sulla semiotica dei materiali, orientata all’agency non umana, riflette propriamente la costruzione di una molteplicità di oggetti che apparivano inizialmente difficili da analizzare, ma che emergono attualmente come protagonisti delle nostre interpretazioni più profonde (Fuso 2021). Possiamo pensare al lavoro svolto dal biologo Jay Gould nella ricostruzione delle teorie dell’evoluzione a partire dalle tracce materiali dei primi viventi lasciate sulle rocce. L’ipotesi Gaia del chimico James Lovelock rispetto alla comprensione del pianeta come un organismo costituito di materiali che collaborano alla regolazione della vita. Le più recenti analisi delle filosofe Jane Bannett, Rosi Braidotti e Donna Haraway sulla collaborazione essenziale tra umani e non umani, viventi e non viventi, organismi e materiali nella composizione di una post-umanità. Oppure le analisi dei materiali che si integrano con i corpi biologici lungo le scoperte scientifiche (Davis 2022). Fino ad arrivare all’Actor-Network Theory del sociologo e antropologo Bruno Latour riguardo la complessa e multiforme agentività dei non umani in una rete inestricabile di attanti.
L’interesse verso i materiali e le teorie degli oggetti (Neil 2021) ha dato luogo a delle innovative collaborazioni tra diversi campi di studi che mescolano la cultura, la natura e le scienze dei materiali, come testimonia il libro The Social Life of Materials, in cui ambiti e saperi diversi si ibridano per dare vita ai materiali. I materiali riportano inoltre l’attenzione sulla tematica dei rifiuti, a partire da una risignificazione semiotica della plastica come cifra dell’Antropocene. Anche le scienze cognitive hanno incluso la cultura materiale nella visione scientifica del mondo, reintegrando gli oggetti nella realizzazione ed evoluzione della mente umana. Queste tendenze mostrano come l’uso e il significato, ma altresì le qualità stesse dei materiali, permettano di stabilire nuove connessioni. In tal senso, il saggio di Miodownik si inserisce a pieno titolo nel panorama della semiotica dei materiali, dando una inedita lettura della cultura materiale. Una narrazione innovativa che non sottrae significato all’intreccio esistente tra la materia inorganica e il mondo organico, ma che partecipa a quella che potremmo denominare “fisiosemiotica”, ossia una semiotica della materia che trasforma i limiti del biocentrismo in soglie materiali di scambio e interazione.
«Si può dimostrare che questa storia, del tutto arbitraria, è tuttavia vera. Potrei raccontare innumerevoli storie diverse, e sarebbero tutte vere: tutte letteralmente vere, nella natura dei trapassi, nel loro ordine e nella loro data. Il numero degli atomi è tanto grande che se ne troverebbe sempre uno la cui storia coincida con una qualsiasi storia inventata a capriccio. Potrei raccontare storie a non finire, di atomi di carbonio che si fanno colore o profumo nei fiori; di altri che, da alghe minute a piccoli crostacei, a pesci via via più grossi, ritornano anidride carbonica nelle acque del mare, in un perpetuo spaventoso girotondo di vita e di morte, in cui ogni divoratore è immediatamente divorato; di altri che raggiungono invece una decorosa semi-eternità nelle pagine ingiallite di qualche documento d’archivio, o nella tela di un pittore famoso; di quelli a cui toccò il privilegio di fare parte di un granello di polline, e lasciarono la loro impronta fossile nelle rocce per la nostra curiosità; di altri ancora che discesero a far parte dei misteriosi messaggeri di forma del seme umano, e parteciparono al sottile processo di scissione duplicazione e fusione da cui ognuno di noi è nato. Ne racconterò invece soltanto ancora una, la più segreta, e la racconterò con l’umiltà e il ritegno di chi sa fin dall’inizio che il suo tema è disperato, i mezzi fievoli, e il mestiere di rivestire i fatti con parole fallimentare per sua profonda essenza» (Levi 1975: 191).
Riferimenti bibliografici
B. Devis, Materiali per la vita. Le incredibili storie dei biomateriali che riparano il nostro corpo, Raffaello Cortina, 2022.
A. Drazin, S. Küchler (Eds), The Social Life of Materials. Studies in materials and society, Bloomsbury, 2015.
S. Fuso, Il segreto delle cose. Storie di uomini e materiali, Carrocci, 2021.
B. Latour, Non siamo mai stati moderni, Elèuthera, [1991] 2015.
P. Levi, Il sistema periodico, Einaudi, 1975.
M. Miodownik, La sostanza delle cose. Storie incredibili dei materiali meravigliosi di cui è fatto il mondo, Bollati Boringhieri, 2015.
– Liquidi. Le sostanze che scorrono nella nostra vita, Bollati Boringhieri, 2019.
T. Nail, Theory of the Object, Edinburgh University Press, 2021.
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Note:
1) Non solo la nostra società, sembra che il mondo intero respiri. Si veda il video pubblicato su Twitter da Markus Reichstein, direttore del Biogeochemical Integration Department del Max-Planck Institute, in cui mostra le fluttuazioni stagionali nella produzione e nella cattura del carbonio dovute ai cicli di vita delle piante.
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Immagine di copertina:
copyright © 2013 by Mark Miodownik