[La trap di Lil Peep, con il suo lirismo a metà strada tra malinconia e autodistruzione, si insinua negli spazi vuoti della coscienza, evocando l’eco di un’epoca segnata dalla dissoluzione del senso. Ma cosa accade quando l’estetica diventa merce e la morte un valore di scambio? Tra filosofia, critica musicale e speculazione metafisica, Claudio Kulesko esplora il ruolo della trap nella ridefinizione del nostro presente].

I
Mi sono imbattuto in Lil Peep pochi giorni fa, sette anni dopo la sua morte. Non che non mi fosse mai capitato di provare ad ascoltare qualcuno dei suoi brani, è solo che non mi avevano mai detto niente. Quand’ecco che, per un motivo o per un altro, hanno iniziato a parlarmi.
Ti accorgi subito di quando una band o un singolo artista cominciano a dirti qualcosa, anche se avevi già provato altre mille volte ad ascoltare la loro musica. L’ho sempre trovato molto strano: è come se il tono affettivo della coscienza si accordasse a quello del fenomeno sonico che si trova al di fuori di essa e viceversa. Arthur Schopenhauer rimase così colpito da tale coincidenza, da porre la musica in qualità di sola arte in grado di far intuire a livello sensibile la pura affettività che costituisce tutta la materia.1
Mentre scrivo e mi lascio trascinare dalle ritmiche strascicate di Peep ho di nuovo ventidue anni; è un giorno speciale, perché ogni giorno, nel bene e nel male, è speciale; le idee e le emozioni sono ancora un ammasso informe e inesplorato. Non mi ero accorto di quanto questa parte di me si sia preservata nel mio inconscio, come un sottile velo di ruggine. Non c’era quando avevo ventidue anni, si è venuto a creare come una sorta di deposito, di ossido temporale. Poi c’è stato un momento in cui la tristezza, la gioia, la speranza e la malinconia hanno smesso di essere un mix agrodolce di emozioni, per tramutarsi in aghi affilati che trapassano la pelle e affondano nella carne viva. Il velo di ruggine era andato perduto. L’intensità affettiva è il carattere distintivo della vita: non si può misurare un affetto, non lo si può districare da tutti gli altri affetti ai quali si è andato a intrecciare, non lo si può definire come un concetto o una malattia. Quando gli affetti si fanno definibili e misurabili, allora si è malati.

Isn’t life beautiful
I think that life is beautiful
[…]
Isn’t life horrible
I think that life is horrible
[…]
Isn’t life comical
I think that life is comical. 2

La coscienza non ha a che fare con ciò che è chiaro e distinto. Non è uno spazio misurabile ma un deposito di tempo, uno strato di ruggine che non racconta più nessuna storia ma che ricorda tutto alla perfezione.

II
Una sera mi sono messo a frugare nello zaino in cerca di una penna. È stato solo allora che mi sono reso conto che dentro lo zaino c’erano: psicofarmaci, un taglierino, droga, un’antologia di racconti scritti da un serial killer, un diario pieno di pensieri bizzarri. Non ricordavo di aver messo insieme un simile arsenale: è stato come se gli oggetti si fossero assemblati tra loro a mia insaputa. Era incredibile come risuonassero tra loro in terribile armonia. Che io sappia, esistono ben due teorie della risonanza – tre a voler essere precisi. La prima è l’ipotesi secondo la quale i membri di una determinata specie condividerebbero tutti tra loro una sola e unica memoria, dalla quale emergerebbero alterazioni comportamentali e morfologiche non spiegabili tramite il paradigma darwiniano. Da questa teoria pseudo-biologica deriva anche un modello sociologico, secondo il quale la cultura umana costituirebbe una sorta di serbatoio spirituale o inconscio collettivo, dal quale è possibile attingere per sfuggire ai limiti e ai vincoli dello stato di cose presente. La seconda teoria della risonanza sostiene che la comunicazione avviene non solo sul piano cognitivo ma anche su quello emotivo: quando assistiamo alla proiezione di un film triste, ad esempio, non dobbiamo per forza essere tristi, esso risuona in noi e basta, senza che vi sia neppure bisogno di scomodare l’empatia. Ciò è evidente nella fruizione musicale, un tipo di esperienza che si fonda essenzialmente su dinamiche di risonanza, più che sulla creazione di meta-modelli mentali. Ma come può un fenomeno esterno risuonare nello spirito del soggetto senza che vi sia un meccanismo cognitivo in atto? A unire le due teorie sulla risonanza vi è, ancora una volta, il nesso della memoria.
Nella musica trap la malinconia, la nostalgia, il senso di vuoto e un alone di rabbia diffusa sono i toni emotivi dominanti. Per questo la sua diffusione a livello globale e la sua egemonia sul discorso musicale costringono a interrogarsi sulle correnti affettive che attraversano il mondo contemporaneo. A un certo punto ero quella malinconia, quella nostalgia, quel senso di vuoto e quella rabbia celata e il mondo stesso aveva preso a disporsi e risuonare con il mio spirito.
Non finirò mai di stupirmi per la plasticità e permeabilità della materia dinanzi alla coscienza: è come argilla nelle mani di un mastro vasaio. Ciò è possibile solo perché è il mondo stesso a essere un deposito di memoria, un accumulo di strati e strati che vanno dalle particelle in caduta libera nel vuoto, agli algoritmi incistati nell’attuale noosfera macchinica. La musica stessa nasce da corpi inerti, propagandosi attraverso la materia fino a toccare qualcosa dentro di noi. Qualcosa che deve necessariamente rimandare al nesso comune della memoria. In queste occasioni, quando interno ed esterno risuonano l’uno nell’altro, la linea verticale che collega la memoria individuale alla memoria-mondo collassa su sé stessa. L’ascolto meccanico si tramuta in ascolto profondo, ciò che Heidegger ha descritto come un “prestare orecchio” (hört) nei confronti dell’Essere stesso e dei suoi mutamenti interni.3

In high school, I was a loner
I was a reject, I was a poser
Multiple personalities, I’m bipolar
I swear, I mean well, I’m still goin’ to hell
. 4

III
La musica incontra la parola. Non il canto, la parola. Nella trap la melodia, la percussione e la metrica lirica si incontrano. Quella che per Schopenhauer è la porta d’accesso privilegiata alla Volontà si fonde con quella che per Hegel, il suo rivale storico, è la più spirituale delle arti: la poesia. Nell’estetica hegeliana la musica viene surclassata dall’espressione della voce umana unita alla musicalità e al significato. Solo nella poesia l’essere umano si emancipa dalla dipendenza dal mondo naturale esterno, attingendo unicamente allo spirito.
Ma cosa accade quando la dialettica reintroduce la musica all’interno della poesia?
Si potrebbe dire che la stagione del cantautorato abbia già in parte anticipato questo corso di eventi, pur non andando fino in fondo. In seguito, il rap ha recuperato la componente percussiva, tipica della musica dionisiaca, ma non è riuscito ad andare oltre il paradigma della voce umana. Tutto cambia quando la trap fa sua l’eredità della musica elettrificata, sublimando sia le percussioni sia la melodia all’interno di una vocalità diffusa e strascicata. La voce è ancora al centro della scena, solo che non è più distinguibile da ciò che le accade attorno, il senso stesso si liquefa e perde consistenza. Tutto diventa musica. Tutto diventa voce.
Secondo Hegel la musica risponde a tutte le arti precedenti recidendo il legame tra spirito umano e spazio. Non si tratta di percorrere, toccare, osservare o ammirare, ma di porsi in ascolto di qualcosa che fa semplicemente vibrare la materia. È questa vibrazione, che risuona nell’animo umano, a dimostrare in modo incontrovertibile che lo stesso mondo esterno è spirito (un’idea che avrebbe colpito Schopenhauer, se solo si fosse posto un po’ più in ascolto). Il simile risuona nel simile: la memoria nella memoria, il tempo nel tempo.
Recuperando la musicalità la trap abolisce lo spazio all’ennesima potenza, arrivando a cancellare quello spazio interiore fondamentale e universale che è la mente. Non vi è più alcun bisogno di un significato: ora la voce umana è musica che si espande senza vincoli e limitazioni. Pura autocoscienza, priva di contenuti particolari.

IV

I run away from my problems
I do the drugs when I want ‘em
I ran away from my momma
Don’t bother me with no drama
Now I’m looking for a ghost girl (ghost girl)
I ain’t never gonna find her (find her)
Pain pills with my coke, girl (coke, girl)
Know I gotta get high first (high first)
. 5

È la morte di Lil Peep a sancire la fine di un fenomeno estetico e l’ascesa di un trend commerciale. La trap diventa popolare, al punto da arrivare a coincidere con la generazione di adolescenti che la ascolta. Chi era giovane negli anni Novanta non riesce a fare a meno di paragonare Peep a Kurt Cobain, per via della sua innegabile influenza estetica e musicale, nonché per i suoi eccessi e le sue dipendenze. Nel 2019 un documentario intitolato Everybody’s Everything mette in luce come le circostanze della morte di Peep indichino una volontà, da parte del management del trapper, di speculare sul suo decesso. Per la prima volta nella storia della musica contemporanea il sospetto che l’industria discografica possa avvalersi della morte di un artista si tramuta in certezza. Riproponendo in modo sfacciato la parabola di Cobain e sancendo la propria intenzionalità, tale sacrificio si tramuta, inoltre, in una blasfema parodia dell’esposizione cristologica: un atto che rivela fino a che punto l’essere umano sia in balia delle forze autodistruttive del capitale.
Lorenzo Marsili, nel suo articolo su Lil Peep, scrive:

«Il mio stesso sentire è messo a valore in questa faccenda. Perché il mio attaccamento a Gus, generato dalla visione di questo prodotto commerciale, produce altre visualizzazioni di materiale a lui legato, le quali a loro volta generano inevitabilmente nient’altro che denaro che finisce dritto nelle tasche di una major. Tutto questo impero di pubblicazioni che alimento a causa del mio sentire è stato eretto dopo la morte di Gus. Anzi, grazie alla sua morte».

Il senso di colpa che accompagna la morte di Peep è ancora affine a quello che la sensibilità cristiana riserva a Gesù, con la grande differenza che il soggetto si ritrova paralizzato dall’orrore di una fine priva di significato. È la stessa forma equivalente resa possibile dal denaro a condurre alla contabilità del mondo, ed è l’infinita misurabilità del denaro a mantenere lo spirito umano ancorato allo spazio e alla materia, a non permetterne l’emancipazione. Ben al di là di quanto possono le scienze, la forma equivalente segmenta e astrae tutto ciò che è vivo. Per questo il capitale è l’Anticristo per eccellenza. Non riesco a pensare a un peggior Anticristo di uno in grado di replicare la crocifissione allo stesso modo in cui è replicabile un’opera d’arte.
Nel suo breve saggio Aspettando l’estinzione (contenuto anche nella raccolta dal titolo Demonologia rivoluzionaria, Nero, 2020), Enrico Monacelli fa notare come nel testo del brano postumo Cry Alone 6 riecheggi una nota macabra, prodotta dal reciproco accostamento del ritornello della canzone e della morte del suo autore:

«“Tell the rich kids to look at me now”. La formula rituale sortisce il suo effetto secernendo una sorta di impalpabile sostanza nera e sovvertendo il topos trap a cui Peep stava con tutta probabilità facendo riferimento: se questi fantomatici ragazzini ricchi che infestano i ricordi del trapper dovessero prendersi la briga di andare a vedere dov’è finito Gustav, si troverebbero davanti non a un uomo di successo capace di scalare le classifiche musicali ma alle foto del suo cadavere, diffuse in rete il giorno della sua morte, avvenuta il 15 novembre del 2017».

È esattamente questo tipo di rovesciamento spettrale a organizzare, secondo Monacelli, la sensibilità contemporanea: il sentore, anzi, la certezza di una «fine ingloriosa, senza redenzione e anticipata da una parata di premonizioni di ciò che ci aspetta». In tal senso, è l’idea stessa che non vi sia più alcuna possibilità di morire come Cristo a sancire la fine di ogni ulteriore sacrificio. Da un punto di vista dialettico ciò comporta che il capitale stesso non abbia più alcun potere simbolico sulla vita umana e, soprattutto, che ogni tentativo da parte sua di far ciò non possa che sfociare nella parodia di un evento tragico. È un serpente che si morde la coda: se, da un lato, è proprio l’impotenza del capitale nei confronti del simbolico a sancire la vittoria a priori dello spirito, dall’altro, è proprio tale supremazia a impedire a quest’ultimo di tornare a installarsi nel mondo delle cose.
In ciò consiste il ruolo metafisico del tempo dilatato della trap, con le sue ritmiche lente e le sue melodie sognanti: offrire un’immagine sonica dell’interiorità umana che si contrae e si espande, opposta alla temporalità lineare e accelerata del capitale. Un tipo di fruizione estetica orientata al godimento che si può trarre dalla pura autocoscienza. Ed è per questo, forse, che la trap viene costantemente accusata di essere vuota e nichilista, laddove dovrebbe essere il resto della musica a interrogarsi su quale sia il proprio posizionamento nei confronti non tanto del pubblico o del mercato, quanto dell’Assoluto.
«Dì ai ragazzini ricchi di guardarmi ora» che sono polvere e residuo minerale. Il tempo si è fermato allo stesso modo in cui pensava Dick per i romani. Ho ancora e sempre ventidue anni. Il mondo si dispone in configurazioni che scuotono l’animo e lo riempiono di terrore.
Attraverso lo sconvolgimento fenomenico operato dalla trap lo spirito si aliena da sé stesso in cerca di rifugio, fino a essere costretto ad alienarsi nell’al di là del suo stesso al di là. In questo rassomiglia ancora una volta all’antica Sophia degli gnostici: una colomba in fuga da artigli che vogliono ghermirla, ingabbiarla e incatenarla.

When we die, bury us with all our ice on.

Note:
1) A. Schopenhauer, Il mondo come Volontà e Rappresentazione, Libro Terzo, Mursia, Milano 1969. Si veda in particolare pp. 300-306.
2) Lil Peep, Life is beautiful, 2018.
3) M. Heidegger, in Saggi e discorsi, “Che cosa significa pensare?”, Mursia, Milano 1976.
4) Lil Peep, Lil Tracy, Witchblades, 2017.
5) Lil Peep, Runaway, 2018.
6) Lil Peep, Come Over When You’re Sober pt. 2, 2019.


Immagine di copertina:
fotogramma dal video del brano Life is Beautiful

 
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